La maestrina dalla penna rossa

di Giacomo Robotti

Ho la fortuna e il privilegio di essere amico della scrittrice rivolese Bruna Bertolo che nella sua apprezzabile produzione letteraria annovera alcuni saggi, di carattere storico, sociologico e divulgativo, grazie ai quali si può leggere di personaggi femminili, più o meno noti, che per qualche specifica caratteristica personale, professionale, intellettuale, sociale o politica hanno rappresentato, con loro vite, a partire dall’unità d’Italia ad oggi dei modelli, dei prototipi, degli esempi. Leggendo, infatti, le vicende, le fortune o le disgrazie di queste donne possiamo vedere come la proteiforme personalità femminile abbia potuto esprimersi in un faticoso cammino di emancipazione, progresso, promozione politica e sociale nell’ambito e a favore della società in evoluzione in cui si è trovata ad operare.
Proprio nell’ultima fatica di Bruna Bertolo intitolata Maestre d’Italia, recentemente pubblicato per i tipi della NEOS EDIZIONI (Torino), ho incontrato un personaggio che potrebbe essere semplicemente il prodotto della fervida fantasia dello scrittore Edmondo De Amicis (1846-1908), ligure di nascita ma piemontese a pieno titolo, autore di quel successo letterario ed editoriale, uscito per la prima volta nell’ottobre del 1886, che è il romanzo (definito con qualche leggerezza, a me pare, per fanciulli) Cuore. Sto parlando della “maestrina dalla penna rossa” che, con le parole del diario dell’alunno Enrico Bottini, altro personaggio di questo romanzo, è stata così descritta:
la maestrina della prima inferiore, quella giovane col viso color di rosa, che ha due belle pozzette sulle guancie, e porta una gran penna rossa sul cappellino e una crocetta di vetro giallo appesa al collo. È sempre allegra, tien la classe allegra, sorride sempre, grida sempre con la sua voce argentina che par che canti, picchiando la bacchetta sul tavolino e battendo le mani per impor silenzio;…
Questo personaggio, però, era, nella vita reale, veramente esistito e si chiamava Eugenia Barruero, era nata nel 1859 ed era figlia di un avvocato. A diciotto anni aveva conseguito il diploma di maestra. Anche lei, dunque, si era infilata in quel varco che fu il primo lavoro intellettuale disponibile per le donne e per cui è passata una parte dell’emancipazione femminile attraverso l’assunzione di ruoli di responsabilità accompagnati da seppur tardivi e limitati riconoscimenti sociali. Durante i due anni di tirocinio che, a quel tempo, occorrevano ancora per iniziare la professione a pieno titolo, trascorse come insegnante supplente della prima inferiore (l’elementare di oggi) alla scuola Moncenisio, a Torino, che Ugo, il secondo figlio di De Amicis frequentava. Anche il primo figlio frequentava la stessa scuola nella terza inferiore. La maestra, che incontrò e conobbe il letterato, rimanendo in contatto cordiale fino alla di lui morte, lo ricorderà con immutata stima in una intervista rilasciata in tardissima età, nel 1950, a Bruno Segre.
Superato il tirocinio venne mandata a Volpiano dove insegnò per ben trentasei anni, tenendo la prima lezione il 15 ottobre 1886. In quegli anni le maestre erano pagate non dallo Stato ma direttamente dal Comune dove insegnavano. Anche allora i Comuni non nuotavano nell’oro e proprio per risparmiare preferivano assumere maestre piuttosto che maestri perché lo stipendio per le donne era, data l’innegabile iniquità che ha sempre caratterizzato il potere maschilista, di un terzo inferiore di quello maschile. Ancora oggi il 90% degli insegnanti di scuola primaria è donna! Sappiamo, dunque, dalle parole stesse della maestrina che concluse l’anno scolastico 1921-22 a Volpiano e poi insegnò ancora due anni prima del meritato pensionamento.
E ora la vera sorpresa per me e per voi: quale fu il paese dove la signorina (non si era mai sposata) Barruero insegnò per due anni scolastici (il 1922-23 e il 1923-24)? La risposta è: Leinì. Grazie al libro di Bruna Bertolo possiamo aggiungere un piccolo tassello al puzzle, ancora largamente incompleto, su avvenimenti e personaggi del passato leinicese. Non è senza un piccolo sentimento di piacevole e affettuosa emozione che mi figuro una triplice immagine sovrapposta: la maestrina dalla penna rossa così come immaginavo fosse quando leggevo il libro di De Amicis, la vera immagine di Eugenia Barruero e la maestra dei miei primi due anni di scuola nei lontani anni 50. Chissà se qualcuno è in grado di aggiungere qualche dettaglio o qualche notizia, storicamente attendibili, su quel breve periodo che trascorse a Leinì la maestrina che ha fatto sognare milioni di lettori di tanti paesi del mondo?

La mestrina della penna rossa, Eugenia Barruero, in età avanzata. Fonte: cortesia di Bruno Segre (dal giornale “L’incontro”) (clicca sopra per ingrandire)

La maestrina Eugenia Barruero: a lei la “Domenica del Corriere” dedicò la copertina nel momento della morte, celebrandola così come era ricordata nel libro Cuore, giovane e aperta verso i suoi allievi.