Come eravamo… a Leynì

Un’immagine di inizio XX secolo ritrae le ragazze leinicesi della scuola di ricamo diretta dalle suore dell’asilo infantile Vittorio Ferrero.
Da notare il filo da ricamo sulle spalle delle allieve e la macchina da cucire al centro della fotografia.
L’immagine è firmata da Piero Borghesio con il timbro a secco in alto a destra: il particolare è stato ingrandito e capovolto.

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Come si mangiava a Leinì 105 anni fa

di Toni Balbo

Il 20 ottobre del 1913 si festeggiò a Leinì la ricorrenza del cinquantenario di fondazione dell’asilo infantile Vittorio Ferrero.
Nell’occasione fu offerto anche un pranzo del quale ci è pervenuto il menù, che riporto di seguito con alcune osservazioni:

Pranzo popolare
nella ricorrenza del Cinquantenario di Fondazione dell’Asilo Infantile Vittorio Ferrero in Leynì – 1863 – 1913.
Menu
Antipasto assortito
Minestra cappelletti al consommé con piselli
Fritto misto all’italiana
Filetto di Bue alla finanziera
Pollo (di prima nidiata) arrosto con insalata
Dolce
Dessert assortito
Vino: un litro per ciascun coperto e una bottiglia ogni 6
Auguri di buon appetito e piatto di buon umore
Leynì, 20 ottobre 1913.

Alcune osservazioni: intanto questo era un pranzo “popolare”, probabilmente per distinguerlo da quelli “aristocratici” di ben altra fattura. Si comincia con gli antipasti assortiti, immaginiamo come quelli attuali: affettati misti, peperoni con la bagna caoda, vitello tonnato, giardiniera, ecc.
Segue un primo, oggi improponibile, cappelletti in brodo con piselli, dove la pasta ripiena tradizionale, tipo raviolini o agnolotti, viene sostituita dai più “esotici” cappelletti. Vi lascio immaginare l’abbinamento con i piselli!
Si prosegue con i piatti forti in ordine di importanza: fritto misto all’italiana, non alla piemontese che è troppo provinciale, il filetto di bue con la finanziera, vera prelibatezza che oggi non mangerebbe più nessuno perché i buoi non esistono quasi più e la finanziera, fatta di frattaglie in carpione, farebbe ribrezzo a chiunque.
Ultimo piatto, il migliore, pollo arrosto novello (di prima nidiata) con insalata: niente a che vedere con i polli di oggi. Si trattava del famoso pollo al “babi”, pollo giovane, assolutamente ruspante, aperto e arrostito in casseruola. Io ho ancora avuto l’onore di consumarlo e, vi assicuro, non c’è filetto di bue che tenga!
Si termina con il dolce ed il dessert, che non sono la stessa cosa, ma con dessert si considerava la frutta secca e di stagione come fine pasto.
In quanto alle bevande l’acqua non è neanche menzionata, mentre il vino, generico ma abbondante, distinto in sfuso e imbottigliato, troneggia sovrano! Di caffè e “poussa cafè” neanche l’ombra.
In ultimo: gli auguri di buon appetito penso che fossero assolutamente superflui, mentre il “piatto di buon umore” non so se era solo metaforico o se invece si riferiva ad una portata reale.

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